Il peso dei pregiudizi accademici

Il peso dei pregiudizi accademici

Nel dibattito accademico italiano, le università telematiche vengono spesso etichettate come percorsi di studio “facili”, poco seri o addirittura privi di valore. C’è chi sostiene che con una laurea ottenuta con un percorso telematico non si hanno le stesse possibilità nel trovare un impiego perché è come se la laurea derivasse esclusivamente dal fatto di aver pagato e non abbia bisogno di un benché minimo sforzo intellettivo. Questo pregiudizio, alimentato da stereotipi e disinformazione, ignora una realtà ben più complessa: le telematiche offrono un’opportunità di istruzione flessibile e valida, senza nulla togliere al merito di chi sceglie questa strada. Ma davvero studiare in una telematica è più semplice? Intendiamoci, da un punto di vista organizzativo, specie per chi nel frattempo lavora proprio per pagarsi gli studi, si, ma questo non vuol dire che non richieda alcuno sforzo o che venga “regalato” questo titolo di studio, altrimenti ci troveremmo con un bel più alto tasso di laureati in Italia, cosa che non è così, ahimè, avendo nel nostro meraviglioso paese uno dei più bassi tassi di laureati in Europa (sarà anche perché “snobbiamo” dei percorsi di laurea alternativi a quelli pubblici?).

Lo stereotipo della facilità: una visione superficiale

Una delle critiche più frequenti nei confronti delle università telematiche è la presunta facilità nel conseguire un titolo di studio. Questa percezione, però, non tiene conto di un elemento fondamentale: la difficoltà di un percorso universitario non dipende dalla modalità con cui vengono erogate le lezioni, bensì dal livello di studio e dall’impegno richiesto agli studenti.

Le telematiche offrono corsi e programmi strutturati in modo da garantire una preparazione adeguata, con verifiche periodiche e con esami rigorosi tanto quanto le università pubbliche (e spesso anche di più, personal experience). Un altro mito da sfatare è l’idea che nelle università telematiche i professori non boccino gli studenti per evitare un calo delle iscrizioni, alimentando la convinzione che, pagando, il superamento dell’esame sia garantito. Affermazione del tutto priva di fondamento. I docenti delle telematiche hanno piena autonomia nel valutare gli studenti e, quando necessario, non esitano a respingere un esame (anche qui, ahimè, personal experience) o a richiedere un’integrazione orale qualora non siano completamente soddisfatti della prova scritta. Anche qui i professori sono scrupolosi ed esigenti, non regalando niente a nessuno e pretendendo un livello di preparazione adeguato, esattamente come accade nelle università tradizionali. L’idea che una laurea telematica sia “regalata” è totalmente infondata: lo testimonia il tasso di abbandono del percorso universitario, fosse garantito il titolo di studio il cento per cento degli iscritti si laureerebbe.

Come per le università tradizionali, ovviamente, esiste del marcio dove in alcuni atenei sono stati accusati di aver esami fin troppo facili. Esattamente come in molti aspetti della vita quotidiana non si può fare di tutta un’erba un fascio e una valutazione superficiale non è mai una buona scelta: se alcune telematiche non sono serie, non significa che lo siano tutte e condannare l’intera categoria è quantomeno sbagliato, se non dannoso per il progresso dell’istruzione.

Facilitazioni anche nelle pubbliche: nessuna università è immune da scorciatoie

Un altro luogo comune riguarda il confronto tra università telematiche e pubbliche, con la convinzione che solo queste ultime siano sinonimo di eccellenza. Tuttavia, la storia recente dimostra che anche nelle università tradizionali esistono facilitazioni discutibili: dagli scandali degli esami venduti, alla corruzione di alcuni professori, fino ai favoritismi nei concorsi accademici. Questo non vuole essere una giustificazione e, anzi, condanno ogni tipo di favoreggiamento.

Purtroppo si ricordano alcuni casi di cronaca in cui studenti hanno denunciato la compravendita di esami o agevolazioni riservate a pochi privilegiati. Esattamente per il discorso di cui sopra non dovremmo stare qui a condannare tutte le università pubbliche. Dato di fatto è che molto meno frequentemente si tende a generalizzare sulle università pubbliche che non su quelle telematiche, mi chiedo, quindi, non ci si faccia influenzare dai pregiudizi più di quanto non si voglia ammettere.

Il valore del sacrificio: studiare e lavorare non è da tutti

Molti studenti scelgono le università telematiche non per “facilitarsi la vita”, ma per una necessità concreta: poter conciliare studio e lavoro. A differenza delle tradizionali, queste università permettono a chi ha impegni lavorativi o familiari di accedere all’istruzione superiore senza dover rinunciare a una fonte di reddito, per molti, spesso, irrinunciabile.

Giudicare chi opta per questa soluzione significa ignorare le difficoltà reali di chi deve guadagnarsi da vivere mentre porta avanti gli studi. L’Italia è tra i paesi europei con il più alto numero di studenti-lavoratori, e non è corretto sminuire il loro percorso solo perché diverso da quello a cui siamo abituati.

Il valore della conoscenza oltre i pregiudizi

Le università telematiche rappresentano un’opzione valida e moderna, adatta a un mondo in cui la flessibilità è diventata essenziale. Invece di alimentare pregiudizi, dovremmo riconoscere che il vero metro di giudizio di un laureato non è il tipo di ateneo che ha frequentato, ma la sua preparazione, il suo impegno e la sua capacità di applicare le conoscenze acquisite.

Puoi avere tutti i titoli che vuoi, ma non è questo che certifica le reali competenze di una persona. Ci sono laureati delle università tradizionali incapaci di formulare un discorso sensato e studenti delle telematiche con una cultura straordinaria, capaci di “mangiarsi” chiunque in termini di conoscenza e preparazione (e viceversa) testimoniando come il valore di un individuo non si misura dal titolo raggiunto ma dalle sue capacità reali, la voglia di migliorarsi e l’impegno.

Continuare a discriminare chi sceglie una telematica significa non solo negare il valore della formazione online, ma anche sminuire il sacrificio di chi lotta per costruire il proprio futuro. L’istruzione dovrebbe essere un diritto accessibile a tutti, indipendentemente dal mezzo attraverso cui viene conseguita e riconoscere il titolo, oltre alla persona dietro, è si il primo passo verso il progresso.

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