Scarface

Scarface

Diretto da Brian De Palma nel 1983, scritto da Oliver Stone e interpretato da Al Pacino. Fu tratto dall’omonimo film del 1932 diretto da Howard Hawks. 

Trama

Antonio Montana detto “Tony” profugo cubano, con precedenti criminali alle spalle, sbarca in Florida con il suo amico fraterno Manolo “Manny” Ribera. L’incontro con il boss della droga Lopez li porterà sulla strada della vita criminale.

Tony, in particolare, sembra avere sia acume che l’ambizione, elementi che gli faranno salire i vertici del potere. Eliminerà Lopez e darà il via ad una lucrosa attività criminale che lo farà diventare il signore della droga di Miami.  Ma la smania di potere lo porta ad un inesorabile declino fisico e mentale fatto di paranoie, scatti di rabbia sempre più violenti, che gli faranno il vuoto intorno. Lo porterà a perdere la moglie Elvira, l’amico Manny e infine in un delirio di onnipotenza, a perdere la vita.

Un capolavoro criticato, censurato ma soprattutto amato.

È il tempo a stabilire quanto un’opera sia valida.

Una regola che si è dimostrata valida per film come Quarto Potere, il Padrino, Via col Vento.

E lo è stata anche con questa opera tanto discussa quanto apprezzata, solo il fatto che siamo qui a parlarne, a distanza di anni, dimostra quanto sia profondo il segno lasciato da questo capolavoro opera del genio di Brian De Palma.

Come molte opere, anche questa all’uscita suscitò forti critiche soprattutto per le scene violente (in particolare quella della motosega subì forti tagli dalla censura) e per il linguaggio volgare.

Le incessanti richieste della censura stavano facendo correre al film il rischio di perdere enfasi e linearità, tanto da spingere il regista a chiedere l’intervento dei giornali. Il produttore Martin Bregman, richiese l’intervento di tre psichiatri, arrivando a convincere la commissione di censura che il film fosse contro la droga. Dopo alcuni tagli ottenne il divieto ai minori di 17 anni.

Non mancarono però gli apprezzamenti di molte personalità del mondo dello spettacolo come Martin Scorsese, che espresse elogi soprattutto per l’interpretazione dei comprimari specialmente per quella di Steven Bauer, che nel film interpretò Manolo “Manny” Ribera.

Il tempo ha infine dato il suo contributo al film, consolidandone la fama e rendendolo un cult tra i più famosi.

Quella stessa critica che lo mostrava semplicemente come un gangster movie violento e volgare lo elogerà dopo anni al punto che nel 2008 sarà inserito dall’American Film Institute al decimo posto dei 10 migliori film gangster americani di tutti i tempi.

Quello che è rimasto immutato nel tempo, è l’apprezzamento del pubblico. 40 anni fa come oggi il pubblico lo ha sempre ritenuto una grande opera rimasta impressa nella storia del cinema.

Michael & Tony i due volti della criminalità

Tra i personaggi che più hanno colpito l’immaginario collettivo nella storia del cinema, vanno annoverati a caratteri d’oro quelli di Michael Corleone e Tony Montana.

Entrambi hanno avuto il volto del premio oscar Al Pacino, che con questi personaggi ha regalato due delle più riuscite interpretazioni.

Ma cos’hanno in comune se non una vita fatta di crimini?

Il primo, Micheal, fa della criminalità un affare di famiglia. Figlio di uno dei più potenti boss dell’America degli anni 50, ha vissuto tra gli agi e le ricchezze derivate dagli “affari di famiglia” egli vede fin dall’infanzia cos’è il volto della malavita e lo odia. Sa bene che il potere comporta, scendere a compromessi, a sporcarsi le mani, a doversi guardare da tutti. Nonostante questo, si può dire che si ritroverà a capo della famiglia non per ambizione ma per necessità. Necessità di proteggere la sua famiglia e sé stesso. I suoi tentativi di tirarsene fuori sono vani, anzi il destino sembra spingerlo a diventare il Padrino. Anche quando deciderà di darsi ad affari puliti, a cambiare vita, sarà costretto a tornare, ritrovandosi attaccato su tutti i fronti. Uscendone alla fine vivo ma solo, in compagnia del rimorso e del dolore per tutte le morti da lui provocate in modo indiretto e non.

Mentre un discorso diverso è quello per il protagonista del film di De Palma, Tony Montana.

Al contrario di Michael, lui ha avuto un’infanzia fatta di miseria e violenza che lo hanno reso un animale, un cane arrabbiato. Per lui la criminalità è una via di fuga, un’occasione di riscatto per dimostrare di non essere un semplice profugo. Un’occasione con cui poter prendere tutto, poter prendere “il mondo e tutto quello che c’è dentro” come dice all’amico Manny.

In una ricerca ossessiva di arrivare in cima, dimostrare che è lui il capo, il numero uno, scavalcando, uccidendo, distruggendo ogni ostacolo che si in frappone fra lui e il successo.

Ma non gli basta arrivare in cima, vuole anche dimostrare di essere il capo, attraverso le ville lussuose, macchine. Ostentando persino sua moglie Elvira, un tempo donna del boss Lopez, come fosse un trofeo o meglio ancora, come una corona che decreta agli occhi del mondo chi è il boss ora.

Una donna verso cui non ha mai provato un vero sentimento, e che finirà col perdere. Lungo un’ascesa sempre più sfrenata, farà il vuoto attorno a sé allontanando anche l’amico di sempre Manny. Ma nemmeno gli agi e le ricchezze sembrano appagarlo. Solo, sul suo trono dorato, dovrà combattere con un nemico ancora più insidioso, la paranoia.

Così, come fosse un moderno Caligola, vedrà nemici ovunque, anche dove non ci sono, ciò lo porterà a commettere molti errori, il più grande sarà quello dell’uccisione del suo amico Manny.

Contrariamente a Michael, che nella famiglia vede l’unica cosa che conta per lui, dove trova supporto e sostegno. Tony, che pure tiene alla sua famiglia, viene da quest’ultima allontanato per lo stile di vita che ha scelto.

Una madre che lo rinnega, che rifiuta il suo aiuto, che lo maledice. “perché distruggi tutto quello che incontri sulla tua strada” gli griderà, condannandolo per gli atti efferati che compie e per aver trascinato sua sorella nel baratro della corruzione, una sorella su cui esercita un controllo ossessivo e che subirà, da innocente, una fine crudele come la sua.

Come Micheal, Tony ha un codice etico che segue e che lo guida.

Quello di Michael si racchiude nella frase, “non ti azzardare mai più a schierarti contro la famiglia, è chiaro?”. La lealtà verso la famiglia è la chiave che lo guida. Per Tony invece si tratta di una lealtà prima di tutto verso di lui, tutti devono essergli leali se non vogliono incorrere nella sua furia animalesca. Sarà però il solo momento in cui dimostra pietà e un’etica (dovrà uccidere un giornalista tramite attentato ma quando si rende che ne sterminerebbe anche la moglie e i figli, fedele ai suoi canonici principi morali desiste) a decretarne la fine, scatenando una guerra tra bande che lo porterà alla morte.

“Il mondo è tuo “

Questa è la frase scritta sul monumento ai piedi del quale cade morto.

Con quella frase ha dato inizio a tutto e con quella tutto è finito.

Curiosità

  • Il film detenne un singolare record, quello dell’uso della parola FUCK, (venne pronunciata 207 volte) questo fino al 2014 anno in cui uscì The Wolf of Wall Street (è stata pronunciata ben 506 volte)
  • Fu Robert De Niro a convincere Al Pacino di prendere parte al film e a coinvolgere Brian De Palma, in origine doveva essere De Niro stesso a interpretarlo con alla regia Martin Scorsese
  • All’epoca della stesura del film, Oliver Stone aveva un pessimo rapporto con la cocaina in prima persona, perciò al fine di liberarsi dalla dipendenza, Stone abbandonò il proprio Paese, e finì di scrivere il copione lontano dagli eccessi della droga trasferendosi a Parigi
  • La scena della motosega è tratta da fatti realmente accaduti, il criminale Mario Tabraue (il quale diventò la principale fonte di ispirazione per creare il personaggio di Tony Montana), fece letteralmente a brandelli un uomo di nome Larry Nash con una motosega, dopo aver scoperto che questi era un informatore per il Bureau of Alcohol, Tobacco, and Firearms.

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