Mediterraneo, mare strategico

Mediterraneo, mare strategico

Gli ultimi fatti di politica internazionale derivanti dal tentativo di scomposizione dell’ordine mondiale da parte di Mosca, hanno spinto i diversi paesi occidentali ad adottare una politica di differenziazione nell’ambito dell’approvvigionamento energetico, poiché la Russia aveva utilizzato l’energia come una vera e propria leva per condizionare i governi occidentali. Le variabili politiche e le dinamiche economiche globali stanno assegnando un nuovo ruolo per il Mediterraneo, regione complessa per sua natura geopolitica, caratterizzata da rivolte, colpi di stato, guerre civili, aggressioni, ingerenze umanitarie, instabilità, scontri interetnici e fanatismo religioso.

Tutti questi eventi hanno scandito la vita del quadrante del Mediterraneo finendo con l’allontanare le vecchie potenze europee, in particolare quelle della sponda sud dall’attuare politiche di stabilizzazione, peacebuilding, cooperazione allo sviluppo soprattutto negli ultimi decenni. Il vecchio continente avrebbe dovuto e potuto adottare una serie di politiche volte a stabilizzare la turbolenta area. La mancata adozione di determinate politiche e di specifici strumenti ha fatto sì che L’Europa subisse lo scotto di tali inadempienze.

Il Mediterraneo è un’area di cruciale importanza che comprende nella sua massima estensione, l’Africa settentrionale e il Vicino Oriente. Alcuni paesi dell’area hanno compiuto dei passi in avanti come ha fatto notare Fabio Mini nel suo libro “Mediterraneo in guerra”. Negli ultimi anni, la gente ha conquistato alti livelli d’istruzione uniti all’accesso a internet che hanno costituito la base assieme ad altri elementi per innescare le primavere arabe che si sono poi risolte in un nulla, oppure sono state schiacciate con la forza grazie all’intervento di potenze straniere come nell’esempio siriano, in altri casi ancora hanno lasciato il paese in preda alle diverse potenze straniere come quello della Libia. Gli elevati tassi di disoccupazione giovanile (come nel caso tunisino) assieme ad altri fattori quali, la diseguaglianza, gli alti tassi di corruzione, la mancanza di riforme strutturali hanno spinto la fascia più istruita della popolazione capace di cogliere le contraddizioni e le limitazioni dei sistemi autocratici e autoritari capaci di individuarne le cause e perfino i rimedi a ribellarsi contro i governi.

Questo mix di differenti elementi, hanno spinto i giovani a insorgere contro l’élite governante, le rivolte hanno lasciato sorpresi tanto gli Usa quanto l’Ue. L’Europa per incapacità o per mancanza di una visione unitaria e regionale ha finito con il disinteressarsi di tale area, il prezzo da pagare è stato alto, traducendosi in un aumento della pressione migratoria e nelle tragedie a noi conosciute lungo il canale di Sicilia.

È in questo scenario di grande instabilità e di cambiamenti epocali che la Ue e in particolar modo i paesi della sponda sud quali, Francia, Spagna, Italia, Grecia e Portogallo sono chiamati a svolgere la loro missione nonché vocazione in quella delicata area del mondo. L’Italia può e deve ancora oggi giocare un ruolo di fondamentale importanza in questo quadrante che per sua vocazione naturale è quello conosciuto come il “Mare Nostrum”. Il Mediterraneo attuale si presenta come uno scenario di “security complex” parafrasando Giusti e Locatelli, autori dell’opera” L’Europa sicura”, dove le questioni di sicurezza di tipo tradizionale, si mescolano a nuove minacce, problemi di tipo politico, economico, sociale, ambientale, sono tutti fattori d’instabilità.

L’inazione, l’attendismo, uniti alla miopia politica non aiutano di certo i paesi occidentali che finiranno con il subire le conseguenze di mancanze di tali programmi pagandone un prezzo molto salato. Per questo motivo è necessario ritornare alle origini, riprendendo l’idea del partenariato Euro-Mediterraneo e la famosa politica europea di vicinato. L’obiettivo principale deve essere quello di creare uno spazio di pace e stabilità e di proiettare la propria nazione al di fuori dei propri confini, non lasciando vuoti, altrimenti essi saranno occupati da altre nazioni che stanno attuando una politica estera molto più aggressiva e pericolosa.                                

Articolo di

  • Joel Terracina

    Ricercatore Istituto Gino Germani ex allievo del master in Global Marketing e Relazioni commerciali internazionali presso l’Università Guglielmo Marconi, autore del project work “La Guerra commerciale tra Usa e Cina e lo spionaggio economico industriale”.

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