Gianni Minà, giornalista senza tempo e memoria del presente.

Gianni Minà, giornalista senza tempo e memoria del presente.

Quell’agendina che Massimo Troisi gli invidiava potrebbe raccontarlo più e meglio di tutti.  Tutti quei nomi altisonanti vergati a penna, quando ancora l’inchiostro rappresentava il primo e più importante ferro del mestiere del giornalista, ne hanno certificato la grandezza in ogni occasione utile.

In quell’agendina, alla lettera “D” era possibile trovare Diego Armando Maradona e sbriciando più in giù Eduardo De Filippo, alla lettera “E.” Quindi Fabrizio De Andrè, continuando a sfogliare senza fermarsi. Pino Daniele, Ornella Muti, Gigi Proietti, Enzo Jannacci, Vasco Rossi. E ancora Federico Fellini ed Ennio Morricone. Tutti, chi prima e chi dopo, passati dal salotto di Blitz, il programma televisivo che Gianni Minà portava in scena su Rai due poco dopo le 15.

Affabile, buffo, sorridente e impacciato, ma incredibilmente colto e arguto. Dietro un paio di baffetti grigi e due lenti, tonde e spesse, era possibile scambiarlo per un impiegato di mezza età e non per il giramondo instancabile pronto a raccontare quello che gli altri, molto spesso, non potevano o non riuscivano a raccontare.

Nel mezzo una carriera da far impallidire ogni aspirante giornalista. L’intervista di sedici ore a Fidel Castro, i reportage dall’America Latina, il calcio raccontato alla vecchia e romantica maniera e una foto, capace di descriverlo forse addirittura al pari della sua agendina, scattata in un ristorante a Trastevere, in una sera come tante altre. Intorno al tavolo, cinque amici: Sergio Leone, Robert De Niro, Gabriel Garcia Marquez, Muhammad Ali e lui: Gianni. Il Giornalista amico di tutti, di quelli che si facevano intervistare da lui solo perché era lui. Passato da ogni redazione che si rispetti: Corriere della Sera, Repubblica, Manifesto, L’Unità e Tuttosport. La lunga cavalcata in Rai fino all’”epurazione” tanto discussa. Gli anni dei documentari da lui curati e prodotti fino libri, capaci di raccontarlo più di quanto lui non facesse con i personaggi ai quali li dedicava.

Un gigante, con i baffi e gli occhiali. Quegli stessi baffi e quegli stessi occhiali dietro i quali starà ridendo, guardando tutti quelli che, in questi giorni, stanno provando a raccontarlo. Lui che raccontava tutti, adesso al centro della scena, forse per la prima volta dall’altra parte della barricata. E, c’è da giurarci, potrebbe sentirsi addirittura scomodo e fuori posto.

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