Les petits plaisirs de la vie

Les petits plaisirs de la vie

(Entra al centro del palco, tono pacato e riflessivo)

Avete mai pensato ai piccoli piaceri della vita?
Io li chiamo les petits plaisirs de la vie che in francese fa più fine, più elegante.
Anche se poi uno dei miei “petit plaisir” è bere il succo finale del Calippo. Che classe!

Sono quelle piccole cose che ti capitano e ti cambiano la giornata. Ma non parlo dei piaceri primari, mangiare, bere, dormire. No, io parlo di intime gioie quotidiane.

Parlo di attimi che durano pochi secondi, ma ti lasciano addosso la sensazione di essere nel posto giusto, al momento giusto. Cose che durano pochi secondi e spariscono. Puff.

Anton Čechov diceva: “La felicità è come la salute: quando la possiedi non te ne accorgi.”
E aveva ragione. La felicità è lì, ferma, che ci guarda. Solo che noi corriamo troppo per notarla e quando ci voltiamo, è già passata.

(Pausa, sorriso accennato)

Tempo fa avevo persino creato un sito dove raccoglievo i miei piccoli piaceri.

Poi mi sono detto: “E se cominciassero a raccontarli anche gli altri?”
Così ho aperto una pagina Facebook. Ognuno poteva scrivere il suo.
Era bellissimo, una specie di confessionale della felicità.

Successivamente, visto il successo, organizzai anche un concorso.

Il “Piccolo Piacere della Vita” più bello avrebbe vinto una maglietta. Semplice, no?

Dopo qualche giorno, alla scadenza, il vincitore (scelto dal numero di “mi piace”) ricevette la sua maglia. C’era scritto: “Il mio PPDV: Strappare un sorriso a chi sta male.”
E sotto, “Piace a 18 amici.”

(Pausa ironica, sorride al pubblico con complicità)

Diciotto! Che poi uno l’ho messo io, uno mia moglie e due erano profili falsi ma vabbè, la felicità è anche questo!

(Cambia tono, confidenziale)

‘Sta cosa dei piccoli piaceri della vita, non dico che sia una mia invenzione però ci pensavo da molto prima di Amélie. Sì, lei, quella del film del 2002. Lei, con i capelli a caschetto, la crema catalana, lo zucchero che si rompe sotto il cucchiaino, le mani nei sacchi di legumi.
Io, più umile meno romantico a pensare a piaceri tipo: il brivido finale che corre lungo la schiena alla fine di un’interminabile pipì.
Lei a Parigi, io a Monte Mario.

È solo una questione di prospettiva? Non credo…

Lei cercava la poesia nelle piccole cose. Io, la felicità nelle piccole cose.
Forse, alla fine, siamo più simili di quanto sembri.
Perché, in fondo, sono proprio quei piccoli attimi a raccontare chi siamo.

(Pausa, sorride con leggerezza)

Ci sono certi momenti che valgono un romanzo: girare il cuscino d’estate e trovare il lato della salvezza per pochi secondi, coricarsi in un letto con le lenzuola fresche di bucato, indossare una camicia stirata, ancora calda d’inverno.
Indossare i jeans appena lavati, ancora rigidi, che non riesci a respirare ma ti senti ordinato.
Il cioccolato in fondo al cornetto, una piccola ricompensa per chi ha avuto la pazienza di arrivare fino in fondo.

(Inspira profondamente, chiude gli occhi)

Gli odori… gli odori sono la memoria della felicità.
L’odore della pioggia d’estate, dell’erba appena tagliata, del caffè quando apri il sottovuoto.
Quel “pshhh” che profuma la casa, come un abbraccio invisibile che ti dice “tranquillo, ce la faremo anche oggi”.

E i suoni?

Il boato dello stadio quando segna la tua squadra del cuore, quel momento in cui non sei più uno, sei parte di un urlo, di un abbraccio, di un popolo.
Il rumore di un ruscello.
Il suono del gatto che ronfa, l’unico rumore che ti fa venir voglia di non fare niente e di sentirti in pace.

(Pausa più lunga, tono ironico)

Ci sono poi i piaceri che ti riportano indietro nel tempo, quelli che ti fanno tornare bambino senza nemmeno accorgertene.
Quelli segreti, quelli che non confessi neanche al prete.
Ricotta, zucchero e caffè.
Scoppiettare il pluriball come se non ci fosse un domani.
Pulire il barattolo della Nutella con un dito.
Guardare il mondo attraverso la carta delle Rossana,

(fa il gesto di tenerla davanti agli occhi)

quel rosso che trasforma tutto in un cartone animato zuccheroso.
E resti lì, con la caramella in bocca, in attesa che si assottigli, piano piano e che la crema fuoriesca da sola.

(Si sposta, tono più narrativo)

Sulla pagina ne avevano scritti tantissimi.
La sosta notturna all’autogrill. Una fetta di cocomero senza semi.
La bella frase di una canzone che ti si incolla in testa: “Perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia.” Mi sembra di sentirla!
L’odore del caffè preparato da qualcun altro. Quello sì, ha il profumo dell’amore.
Togliersi gli scarponi da sci dopo una giornata sulle piste.
Per una mamma, ricevere la mimosa dal proprio figlio.
Parcheggiare l’auto al sole e ritrovarla all’ombra.
Incastrare l’ultima tessera di un puzzle.
Camminare a piedi nudi sull’erba.
Il cielo con poche nuvole.
Un arcobaleno improvviso.
L’odore dei libri nuovi.
Le caldarroste quando fuori piove.
Preparare la moka senza sporcare troppo la cucina, roba da premio Nobel per la precisione.
Farsi il contropelo sui capelli appena tagliati.
Indossare l’accappatoio dopo la doccia, scaldato dal termosifone, l’unico momento in cui ti senti ricco, anche se l’accappatoio l’hai pagato 9 euro e 90.
La mozzarella filante del supplì al telefono, la chiamata più buona della tua vita.
Prendere l’ascensore da solo, ancora meglio se il condomino non ha fatto in tempo a prenderlo con te.

(Fa il gesto rapido delle porte che si chiudono)

Quel mezzo secondo in cui le porte si chiudono e tu pensi: “Mi dispiace ma… anche no!”

(Pausa breve, sguardo soddisfatto)

Vedete, la felicità è ovunque. Solo che è timida.
Non suona il campanello, lei entra dalla finestra.
Ti arriva in un odore, in un suono, in un gesto, in un sorriso, in un dito nella Nutella.

(Al pubblico, sussurrando)

Mi sembra di sentirla ancora nella mia testa: “Perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia.”
E forse è proprio così: i piccoli piaceri servono a non cadere, a trovare un equilibrio dentro la follia quotidiana.

(Sorride, tono dolce)

Oscar Wilde diceva che i piaceri semplici sono l’ultimo rifugio della gente complicata.
E io, in fondo, lo sono.
Complicato, ma abbastanza lucido da riconoscere la felicità quando si nasconde: nel cioccolato in fondo al cornetto, o nel rumore del mare che senti all’improvviso da una finestra aperta.

(fa una pausa lunga, sguardo verso il pubblico)

Perché la vita, in fondo, è anche questo: una collezione di piccoli piaceri che aspettano di essere notati.
E quando finalmente li vedi, ti rendi conto che la felicità non era nascosta.
Eri tu che avevi gli occhi chiusi.

(Resta immobile un istante. Poi un mezzo sorriso. Luci che si abbassano lentamente.)

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