
Tron: Ares, quando il cinema diventa uno specchio del nostro mondo digitale
- Ottobre 20, 2025
- di
- Salvatore Antonio Manola
Avete mai pensato a cosa succederebbe se il cinema vi mettesse dentro la rete digitale?
Tron: Ares pellicola uscita il 9 ottobre 2025 racconta esattamente questo, non si tratta solo di un film ma bensì di un viaggio tra intelligenza collettiva, intelligenza connettiva, AI, performing media e tanti altri termini che sviscereremo nel corso di questo articolo. -il connubio perfetto tra tecnologie digitali e processi cognitivi-
Preparatevi a scoprire di come la tecnologia non ci circonda piú… ci attraversa.
Connessioni invisibili
Ho appena consumato la visione della pellicola e mi ha lasciato una sensazione pazzesca: mi sono tornati in mente concetti ricorrenti come ad esempio la “digital transformation” e il fenomeno della convergenza dei media e di come questi ultimi influenzano il nostro modo di percepire e agire.
Nel film esseri umani e intelligenza artificiale vivono a stretto contatto a scopo di realizzare un obiettivo comune ma niente spoiler.
Ed è proprio lì che ho capito quanto sia potente l’idea dietro il concetto di “intelligenza collettiva” concetto coniato da Pierre Lévy (1994) nel suo libro “L’intelligence collective: pour un anthropologique du cyberspace”, -quella rete invisibile che tiene insieme ogni scelta, ogni azione, ogni programma. Non serve nessuno che comandi tutto, è il sistema che funziona in modo coordinato e intelligente.
Sulla falsa riga dell’idea di “intelligenza collettiva”, uno studioso denominato Derrick de Kerckhove da molti considerato l’erede spirituale di Marshall McLuhan lo storico precursore del concetto di ”media”, conia “intelligenza connettiva” (1996) la capacità di trasformare un gruppo di persone in un unico cervello pensante. Concetto potente in quanto enuncia di come nessuno in realtà agisca davvero da solo, bensì come -nodi- di un sistema più grande (nodi) per usare una terminologia internettiana. Termine legato a doppio filo col prossimo: swarm intelligence, intelligenza dello sciame.
Il potere dello sciame
Altro termine a cui ho pensato nel mentre mi gustavo la narrazione quello di swarm intelligence -intelligenza dello sciame- come fanno le api si muovono per garantire prosperitá alla colonia tra bottinatrici, operaie e guardiane a ciascuna il suo compito -un sistema coordinato seguendo una logica di condivisione, -tutti al miglioramento costante del sistema di riferimento, al di là del ruolo di comando della Regina o di Master Control per far riferimento al film. Affascinante, potente e anche un po’ inquietante. Vedere una coordinazione così efficiente dà la sensazione che nulla sia lasciato al caso, tutto nasce spontaneamente dalla connessione fra individui, dallo scambio reciproco si ottiene il prodotto vincente.
Dentro lo schermo, vertigine immersiva
Altro termine assai ricorrente: “vertigine immersiva”, fenomeno che si manifesta all’ingresso in un mondo digitale -come cadere da dentro lo schermo- Non si sta solo guardando bensì partecipando. La realtá diventa performativa e lo spettatore parte dell’azione, quando effettivamente si capisce di essere dentro un media e a come cambia e trasformi la nostra percezione delle cose.
Introduciamo il termine “Cyberspazio” introdotto dall’autore William Gibson nel suo testo “Neuromante” pubblicato nel 1984, guardacaso un anno prima della pubblicazione del primo Tron uscito nelle sale soltanto nel 1985 – uno spazio virtuale dove le connessioni digitali diventano estensioni della mente umana- di cui oggi sembra essere più vivo e attuale che mai e non fantascienza -un universo dove la rete non è solo uno strumento ma un ambiente cognitivo condiviso.
Macchine che recitano -performing media-
Sentiamo spesso parlare di “performing media” il medium non più solo strumento, ma uno spazio dove succedono cose. Tutto è perfomance, tutto è palcoscenico e al giorno d’oggi con il tema dell’intelligenza artificiale ancora più accentuato, “Performing AI” la macchina che prende il controllo influenzando l’ambiente e chi lo circonda.
Tutto questo è anche possibile grazie e soprattutto al fenomeno della “convergenza mediale” introdotto da Henry Jenkins, cinema, videogioco, filosofia, e rete si intersecano in un’unica esperienza, senza strutturare un confine tra reale e digitale. Uno spettacolo da guardare, da sentire e interpretare secondo le proprie sensazioni riflettendo su come il mondo digitale ci stia coinvolgendo ogni giorno di piú.
Quasi umano, quasi inquietante, il perturbante.
E infine citiamo un termine figlio più che mai dei giorni nostri ma coniato dal padre della psicanalisi Sigmund Freud a inizio novecento, ovvero la figura del “perturbante” quella sensazione di inquietudine mista a paura e senso di spaesatezza nell’orientarci in una tecnologia che non conosciamo o di vedere un’AI quasi umana, di farci dubitare della differenza e del labile confine tra persona e macchina. Mettendoci di fronte a domande del calibro di “quanto ci somigliano le macchine?” “Quanto ci conoscono davvero?” e la più temuta “un giorno ci supereranno?”
Riflessione finale A fine proiezione ho appreso una lezione fondamentale, Tron: Ares non è solo fantascienza ma uno specchio sul mondo digitale in cui viviamo connessi, immersi e capaci di immaginare nuovi spazi dove tecnologia e agire umano si intersecano a vicenda. Chiudiamo con una domanda “quali nuove possibiltá ci attendono?” Ai posteri l’ardua sentenza.