Il mito dei ruoli di genere, una realtà da conoscere e riconoscere

Il mito dei ruoli di genere, una realtà da conoscere e riconoscere

Mi sono sempre chiesta, sin dai miei primi anni di vita del perché le femminucce avrebbero dovuto fare alcune cose e i maschi altre.

Una domanda che nasceva spontanea, istintivamente.

Iniziavo così, senza saperlo, a dubitare della parità riguardo le possibilità e i diritti dei i 2 generi…
Fantasticavo tra me e me e mi domandavo: “come mai? Chi lo ha deciso? Qual è la vera differenza tra maschio e femmina?”

Sono arrivata così a delle semplici conclusioni…
“Non mi sembra corretto! Allora per avere una vita più bella sarei dovuta nascere maschio!”
Cresceva in me una forte voglia di riscatto, come bambina e poi come ragazza.
Queste sono solo alcune delle domande che mi sono posta e delle risposte che mi sono data, e che nel tempo mi hanno portata a considerare la parità di genere niente di meno che un sogno, nonostante riguardi tutti noi, nessuno escluso.

Crescendo però ho capito che l’idea che esistano ruoli di genere distinti e prestabiliti per uomini e donne si basa su stereotipi culturali privi di fondamento scientifico.
Allora ad oggi mi dico: “Sarebbe molto più attraente e naturale dare e darci la possibilità a ogni essere umano di esprimersi per quello che è, nella sua totale autenticità senza il peso di una società che lo bombarda di stereotipi e aspettative!”

Nel corso della storia, i ruoli attribuiti a uomini e donne sono cambiati radicalmente a seconda del contesto socioeconomico e politico. Questo dimostra che tali ruoli non sono innati, ma appresi e per nostra grande fortuna modificabili.

L’idea che il cervello maschile e quello femminile siano strutturalmente e funzionalmente distinti ha alimentato stereotipi su capacità e ruoli di genere: gli uomini sarebbero più razionali e inclini alla leadership, mentre le donne più emotive e predisposte alla cura.

Questi stereotipi non facevano altro che alimentare la mia voglia di conoscere, scoprire e imparare qualcosa di più stimolante, da chi magari risulta essere già un professionista in ambito scientifico. Fin quando un giorno facendo delle ricerche online vengo catturata da un articolo per me a dir poco illuminante.

La neuroscienziata Daphna Joel, attraverso uno studio scientifico rivoluzionario sviluppato grazie a tecniche di neuroimaging sul cervello, smonta letteralmente il binarismo di genere e conferma che le differenze biologiche tra uomini e donne non giustificano le disparità dei ruoli.

Nel 2015 analizzando quindi centinaia di cervelli, ha dimostrato che non esiste un “cervello maschile” e un “cervello femminile”, bensì un mosaico di caratteristiche che si combinano in modo unico in ogni individuo. Alcuni tratti possono essere più comuni negli uomini, altri nelle donne, ma la maggior parte delle persone presenta un mix di entrambi.

Joel sostiene che le differenze cognitive e comportamentali tra uomini e donne siano il risultato di un’interazione tra biologia e cultura e che le esperienze, l’educazione e le aspettative sociali modellano il cervello attraverso la plasticità neurale, rendendo difficile attribuire certe capacità o attitudini esclusivamente al sesso biologico.

L’esperimento di Joel ci insegna che la diversità umana è più complessa di quanto ci abbiano fatto credere. Se vogliamo davvero una società più equa, dobbiamo abbandonare l’idea che il genere determini le capacità, le ambizioni e i destini delle persone. La scienza ci offre gli strumenti per liberarci dagli schemi imposti: sta a noi farne buon uso.

Il binarismo di genere non è altro che una costruzione sociale, rafforzata da secoli di aspettative e convenzioni.
I ruoli di genere, assegnati fin dalla nascita, limitano le persone e le spingono a conformarsi a modelli che non rispecchiano la loro reale natura.

La parità di genere non dovrebbe essere considerata un’aspirazione, ma una realtà da conoscere e riconoscere. È fondamentale cambiare la narrazione, superando gli stereotipi che perpetuano la disuguaglianza e promuovendo una società in cui il genere non sia un limite, ma semplicemente un aspetto dell’identità individuale.

Bibliografia

  • Joel, D., et al. (2015). “Sex beyond the genitalia: The human brain mosaic. “Proceedings of the National Academy of Sciences”

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