
Non è amore se fa paura: riconoscere e prevenire la violenza nelle relazioni intime
- Giugno 03, 2025
- di
- Sara Riga
“Ti controlla perché ti ama”, “è solo un momento di rabbia”, “tornerà come prima”.
Quante volte frasi come queste nascondono una realtà ben più dolorosa? La violenza nelle relazioni intime, o Intimate Partner Violence (IPV), è una delle forme più insidiose di abuso.
Parlare di IPV significa affrontare una delle piaghe più silenziose della nostra società: si tratta di violenza esercitata da un partner o ex partner all’interno di una relazione affettiva. Può essere fisica, psicologica, sessuale o economica, e si manifesta spesso all’interno di contesti apparentemente “normali”.
Un fenomeno diffuso
Secondo i dati ISTAT, circa una donna su tre in Italia ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Durante la pandemia da Covid-19, le richieste di aiuto al numero verde 1522 sono aumentate di oltre il 100%. Ma questi numeri raccontano solo una parte del problema: molte violenze restano sommerse, non denunciate, e vissute nel silenzio e nella paura.
Il ciclo della violenza: la spirale da cui è difficile uscire
Uno dei modelli più noti per descrivere la dinamica dell’IPV è il ciclo della violenza descritto dalla psicologa Lenore Walker. Questo schema prevede tre fasi:
- Accumulo della tensione – Il partner diventa irascibile, controllante, svalutante.
- Esplosione della violenza – L’abuso si manifesta in forma fisica, verbale o sessuale.
- Riappacificazione – L’aggressore si scusa, promette di cambiare, si mostra amorevole.
La fase “luna di miele” è ingannevole: induce la vittima a sperare in un cambiamento, ma è solo l’inizio di un nuovo ciclo.
I segnali da non sottovalutare
I primi segnali possono essere: gelosia eccessiva, controllo sugli spostamenti, isolamento dagli amici e dalla famiglia, critiche costanti, messaggi incessanti. Riconoscere questi campanelli d’allarme è fondamentale per prevenire l’escalation della violenza.
Le ferite invisibili: l’impatto psicofisico
L’IPV non lascia solo lividi. Le vittime riportano spesso ansia, depressione, disturbi post-traumatici, insonnia, e ricorrono a strategie di sopravvivenza disfunzionali, come l’uso di alcol o droghe. Studi scientifici hanno dimostrato che la violenza prolungata può compromettere seriamente anche la salute fisica: problemi cardiovascolari, immunitari, e perfino traumi cranici sono comuni tra le vittime.
La prevenzione comincia dalla consapevolezza
Per rompere il ciclo della violenza servono educazione affettiva, cultura del rispetto, politiche di prevenzione e servizi di supporto accessibili. Anche le università possono svolgere un ruolo fondamentale: promuovere progetti di sensibilizzazione, offrire spazi di ascolto, costruire ambienti sicuri in cui parlare di relazioni, emozioni e confini.
La violenza nelle relazioni intime non è mai colpa della vittima. È una questione culturale, educativa familiare e sociale che riguarda tutti. Riconoscerla è il primo passo per fermarla.
Se tu o qualcuno che conosci siete in difficoltà, il numero verde 1522 è attivo 24h su 24. Nessuno dovrebbe sentirsi solo nel chiedere aiuto.