C’è ancora domani? L’emancipazione femminile
- Dicembre 11, 2023
- di
- Martina Miriello
C’è ancora domani è un film del 2023 diretto e interpretato da Paola Cortellesi, è il suo primo debutto da regista. Il film è incentrato su una famiglia romana composta da: Delia, Ivano, Marcella, Sergio, Franchino e Sor Ottorino.
Delia è una “brava donna di casa” e grande lavoratrice nella Roma del dopoguerra, la sua giornata è composta da: faccende domestiche, preparare i pasti al marito e ai suoi tre figli, accudire il suocero scorbutico, guadagnare qualche soldo, riparando ombrelli, rammendando biancheria, e facendo iniezioni a domicilio. In un’epoca dove alle donne era proibito parlare o esprimere un’opinione, Delia cerca spesso di rispondere; infatti, anche il suocero si lamenta di questo difetto. E suo marito Ivano, ritiene giusto riempirla di botte e umiliarla ad ogni sua mancanza.
La figlia maggiore, Marcella invece sta per fidanzarsi con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere, dandosi la possibilità di migliorare il suo status e vivere una vita più agiata di quella attuale. Per fortuna fuori casa Delia ha degli “alleati”, la sua amica fruttivendola Marisa, Nino, un meccanico che le vuole bene e la incoraggia e un soldato afroamericano, che vuole dargli una mano. Il sogno nel cassetto di Delia è mosso dalla curiosità di una lettera ricevuta a sorpresa, così da far crescere la curiosità in tutta la durata del film.
L’intera pellicola è in bianco e nero per ricreare il neorealismo, che funziona come un retaggio culturale di ogni italiano; mentre per decontestualizzare le azioni violente del marito, vengono utilizzate le canzoni, messe in scena come un balletto. Nel film viene rappresentata l’Italia del dopoguerra, dove nel violento autoritarismo patriarcale c’è un domani; la forza nell’anima di reagire ed emanciparsi. Le ultime battute recitate nel film, danno vita all’origine del titolo del film e sono collegate all’elezioni del 1946, le prime a cui possono partecipare anche le donne.
Paola Cortellesi ha voluto ricordare la memoria storica collettiva delle donne, sottolineando il rapporto tra sessi e la violenza domestica, che è una tematica attuale ancora oggi. Un tributo alle donne di ieri e di oggi rievocando la fatica e la svolta storica del diritto di voto alle donne, ricordando a tutti di soffermarsi a pensare alle cose, che per noi possono sembrare banali, ma che a quel tempo erano delle vere e proprie conquiste.
L’invenzione della macchina da scrivere da Camillo Olivetti portò, negli anni 50 del Novecento, alla nascita di una nuova figura professionale: la dattilografa. La dattilografia è stata la prima declinazione al femminile del termine, poiché divenne uno strumento importantissimo dell’emancipazione femminile. Le donne per la prima volta entrarono in ufficio, guadagnando denaro e un prospetto di carriera futura, dandosi l’opportunità di dimostrare, attraverso la dattilografia, le proprie qualità.
Grazie a questa figura professionale nacque anche un dress code: la gonna corta e larga, i capelli vengono accorciati e curati, colli a triangolo che scoprono il decolté e infine ai piedi indossavano dei moderni stivaletti di pelle. Il nuovo dress code influenzò il cinema: La dattilografa di Lloyd Bacon del 1930, Insieme a Parigi di Richard Quine del 1964, il più recente è Tutti pazzi per Rose di Régis Roinsard del 2012.
Nascono le prime scuole specializzare per insegnare a scrivere a macchina, frequentate da donne giovani e desiderose di lavorare a fianco dell’uomo. Tra le prime impiegare dattilografe italiane troviamo: Rita Montagnana. Rita era la prima moglie di Palmiro Togliatti, il più importante segretario del Partito Comunista, ricordata perché fondò l’Unione Donne Italiane e fu la prima organizzatrice della Festa della Donna.
“L’atto più coraggioso è ancora quello di pensare con la propria testa. Ad alta voce”.
Coco Chanel