Come l’intelligenza artificiale sta ridisegnando il lavoro

Come l’intelligenza artificiale sta ridisegnando il lavoro

L’utilizzo – sempre più diffuso – dell’AI (Artificial Intelligence) sta avendo un impatto fondamentale anche nel mondo del lavoro.

Tra tutti i capolavori della Cappella Sistina, uno dei più famosi è senz’altro la “Creazione di Adamo” di Michelangelo. L’opera iconica, cui voglio fare riferimento, è il notissimo affresco posto nella parte centrale e più alta della volta della Cappella Sistina. La concentrazione di Michelangelo per quest’opera si fonda proprio sul gesto delle due mani nell’atto di sfiorarsi, senza mai toccarsi. Dio con la sua mano destra indica la sua creatura, Adamo, progenitore della specie umana. Sono proprio il verbo e le mani a costituire i primi segni distintivi della nostra specie e della relativa modalità comunicativa, unitamente alla scrittura.

Egualmente evocativa è l’altra immagine di riferimento, in cui una mano umana – come nell’opera michelangelesca – sfiora una mano robotica.

Negli ultimi anni, infatti, l’intelligenza artificiale ha mosso passi da gigante ed i recenti progressi hanno consentito ai robot di tradurre testi, creare opere d’arte, scrivere saggi ed oggi – possiamo dire – anche discutere in tribunale. Si ricorda in tal senso la startup statunitense DoNotPay, la quale ha trovato un modo per far conoscere al mondo – in modo, sicuramente, creativo – il proprio nome, tramite la creazione di un avvocato “robot”.  L’impiego degli algoritmi di intelligenza artificiale (IA) in moltissimi ambiti della nostra vita non è recente, ma è oggi connotato da una maggiore pervasività, in particolare nel mondo del lavoro. Il mercato globale dell’AI, infatti, è in continua crescita: nel 2022 siamo passati da 93,5 miliardi di dollari a 136,6 miliardi e, secondo le proiezioni, si arriverà a toccare i 1.811,8 miliardi di dollari entro il 2030.

Questo trend ha un impatto notevole a livello di occupazione perché, in questo momento assistiamo ad una significativa scarsità di candidati qualificati per occupare tutte le posizioni vacanti nel settore dell’intelligenza artificiale. Basti pensare che a livello globale, infatti, si prevedono entro il 2025 circa 100 milioni di nuovi posti di lavoro legati proprio a questo ambito che, attraverso l’aggiornamento costante delle competenze, dovranno necessariamente essere coperti affinché le aziende non subiscano una perdita di vantaggio competitivo all’interno del proprio settore. Le posizioni più ricercate oggi sono: Machine Learning Engineer, Data Scientist, AI Researcher, AI Engineer e AI Architect.

Il 38% delle persone, infatti, si aspetta che l’intelligenza artificiale elimini completamente alcuni posti di lavoro nei prossimi tre anni. Questa visione apocalittica, però, è priva di fondamento. Certo, non possiamo negare che alcuni lavori potranno essere automatizzati grazie all’apporto della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, ma nessuna macchina potrà mai sostituire completamente un candidato umano che – grazie a creatività, capacità di risolvere i problemi e pensiero critico – continuerà ad essere essenziale.

L’intelligenza artificiale è ormai estremamente diffusa ed è molto alto il numero di macchine utensili, robot e dispositivi elettronici governati da algoritmi di AI, così come la gran parte dei software (uno degli esempi è ChatGPT). L’AI, sicuramente, aumenta la capacità produttiva o la gestione di un lavoro – quantitativamente – più impegnativo, poiché ne accelera la velocità di esecuzione dei processi e riduce notevolmente la quantità di tempo necessaria per realizzarli. In un certo senso, inoltre, agevola ed aumenta la sicurezza sul lavoro (es. minore prossimità con le macchine o maggiore integrazione e trasparenza dei processi produttivi). In riferimento a quanto suddetto, è probabile che, nello specifico, l’intelligenza artificiale ridisegni l’ambiente di lavoro di molte persone, la natura e il contenuto professionale.

Ma a prescindere da tutto ciò, la tecnologia, per quanto possa essere intelligent o artificial, non sarà in grado di gestire i processi di apprendimento della natura umana.

Le macchine sono tutt’altro che linguisti super-avanzati e alcuni esperti di intelligenza artificiale dubitano che raggiungeranno mai un’esperienza simile a quella umana con il linguaggio perché l’acquisizione dello stesso è un complesso mistero cognitivo e culturale che si basa sul contesto. Le macchine possono a questo punto essere addestrate solo a capire il linguaggio ma non a sostituirsi ad esso.

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