
Leone, un papa che comunica
- Maggio 19, 2025
- di
- Luca Bonali
Leone, per gli appassionati di storia il nome già rimanda ad un tempo passato, a cavallo tra il XIV e XX secolo, forte il richiamo di Leone XXIII, un papa che ha fatto la storia: Il papa più longevo con i suoi oltre 93 anni, ma anche un Papa che ha saputo tragettare la chiesa attraverso il secolo della rivoluzione industriale, un Pontefice che ha saputo dare alla chiesa un’impronta sociale e politica, con le sue 86 encicliche, tra cui svetta la Rerum Novarum, un’enciclica che rompe i confini della spiritualità per dedicarsi alla “carne”, al lavoro e alla dignità dell’uomo. Bene, proprio pensando a questo Papa, al primo Santo Padre che si concesse a favor di telecamera nel 1898, vediamo uscire dal balcone di piazza San Pietro Leone XIV, un Papa che fin dal principio ha voluto dirci una cosa ben chiara, che la comunicazione è uno strumento forte, e che non va sottovalutata.
Il nuovo Papa appare vestito in modo tradizionale, pare da alcuni video cha abbia rinunciato solo alle pantofole papali, segno forse della volontà di ridare un ruolo anche di spirito ad una figura che Francesco aveva estremamente umanizzato, probabilmente un tentativo di assecondare quei conservatori che talvolta rimpiangono la sedia gestatoria, strizzando l’occhio però anche ai riformisti, non a caso la scelta del nome.
Papa Leone appare emozionato, questo il primo gesto comunicativo che possiamo cogliere, un Papa che piange, che si emoziona vedendo la folla, un papa che, per la prima volta, non parla a braccio ma legge un discorso scritto, perchè la comuniczione – come già detto- è una cosa seria, specialmente per il primo Papa che ci lascia una “digital footprint” del suo periodo cardinalizio.
Ha una cartelletta in mano, sicuramente questo lo aiuta a non sbagliarsi, ma alcuni esperti hanno visto in questo anche un tentativo di sopraffare la paura, quel piccolo oggetto frapposto tra lui e la folla gli ha garantito certamente più serenità, un punto di fuga, una piccola distrazione che apre in rari momenti, per concedersi apertamente ai fedeli.
Il discorso di per sé ha una potenza disarmante, apre con la Pace, parola che citerà ben otto volte nel corso della breve lettura (per gli amanti delle statistiche, Cristo è citato “solo” 6 volte), ma non si limita a parlare di pace, la associa ad elementi di grandissimo impatto mediatico, la definisce infatti “disarmata e disarmante”, specificando che questa andrà costruita insieme. Nel discorso inserisce anche elementi legati alla centralità di Dio e della chiesa, una chiesa però che non si limita a stare ferma in Vaticano, ma che “cammina” con i fedeli, che costruisce ponti, che unisce in “un solo popolo”.
I contenuti ci sono quindi tutti per aspettarsi un’impronta riformista da parte del nuovo Vescovo di Roma che, probabilmente memore del suo passato missionario, conosce sia l’importanza del lavoro da fare insieme ai fedeli, ma anche la potenza della comunicazione.
Dopo un pontificato che ha avvicinato molti laici alla chiesa, scontentando però alcuni tradizionalisti della religione più influente del mondo, riuscirà Robert Prevost, da Chicago a ritrovare gli equilibri tra sacro e profano, traghettando, come Papa Pecci, la chiesa verso il nuovo millennio e le sfide del futuro? Probabilmente solo il tempo ci potrà rispondere, per ora ci resta la certezza che per questo Pontefice la comunicazione, verbale e soprattutto non verbale, sia tutt’altro che un problema di second’ordine.