Chi siamo?

Chi siamo?

Dal Big Bang, passando per cavoli e cicogne, fino all’affermazione di genere, anche in ambito educativo

Chi siamo? Da dove veniamo? Come siamo nati? Perché portiamo un determinato nome? Sono solo alcune delle domande che ci poniamo fin da quando abbiamo capacità di intendere, spinti da una curiosità fortissima. Le risposte che ci vengono date sono le più disparate e variano da culture, da religioni, da tradizioni diverse, da studi diversi: veniamo dal Big Bang, veniamo da Dio che ha creato il mondo, nasciamo sotto un cavolo o è stata la cicogna, e così via. Si parte da spiegazioni semplici, in età infantile, per poi arrivare a quelle più complesse, con il passare del tempo.

Quando nasciamo, nasciamo, biologicamente, in un sesso femminile o maschile e ci viene affidato un nome che, però, non siamo noi a scegliere. Ma chi siamo veramente? Non si tratta di svegliarsi una mattina e di dire: oggi sono femmina, oggi sono maschio, oppure non sono nessuna delle due categorie, o di averlo capito, così, tutto in una volta. In realtà, è il frutto di un percorso alla scoperta del proprio io, di accettazione del proprio sé. Infatti, con la parola genere, si indica la percezione che ogni persona ha di sé. Tutto ciò, però, spesso, comporta alcune difficoltà, alcune problematiche, specialmente in ambito scolastico. Se da un lato, ad oggi, il mondo sembra essere molto più inclusivo che in passato, la strada verso una piena inclusività è ancora lunga e c’è ancora molto da fare. Qualcosa si sta smuovendo, le acque si stanno rompendo e la strada si sta spianando, piano piano: è un inizio.

Ed ecco che entra in gioco una questione rilevante quando si parla di identità di genere in ambito educativo, ovvero quella delle Carriere Alias, in particolare per le persone in fase di transizione (vorrei si potesse aggiungere anche per tutte quelle persone che non si identificano con il genere biologico assegnato alla nascita, che non si indentificano in nessun genere, ma che non stanno compiendo un percorso di transizione, magari a causa di fattori economici, nonché con il nome che è stato scelto per loro). Il termine Carriere Alias, non è sinonimo di qualcosa di alieno, non è un termine ombrello sotto il quale nascondersi, anzi, è un qualcosa di imprescindibile, un diritto fondamentale. Infatti, attraverso le Carriere Alias nelle Scuole e nelle Università, viene permesso, agli studenti e alle studentesse di essere se stessi/se stesse e di potersi rapportare, in maniera serena, con chi sta loro accanto, viene permesso loro di autodeterminarsi. Nel concreto, si può essere inseriti nel Registro Elettronico, nei documenti ufficiali, negli elenchi (interni all’Istituto Scolastico/dell’Ateneo di cui si fa parte) con il nome di elezione e senza bisogno di ricorrere a documentazione medica o giuridica. Oggigiorno, in un mondo fatto di pregiudizi e stereotipi che influenzano le nostre vite, i nostri pensieri, nonché i nostri studi, ci si può rendere conto di come poter studiare in un luoghi sicuri, inclusivi, dove ci si possa sentire davvero a casa, sia sintomo di benessere.

Spesso, all’interno del mondo scolastico/universitario non ci si sente bene. La stessa ricerca in merito ci dimostra come preconcetti, cliché e comportamenti non inclusivi siano portatori di disagi, di sconforto, di scarso rendimento. Numerosissimi sono, infatti, i casi di abbandono scolastico che sono legati a fattori diversi tra di loro, tra cui quello dell’identità di genere. Quindi, se la nostra mente è libera da paure, oppressioni, malessere etc., può lavorare meglio e il nostro apprendimento sarà più efficace. Dunque, persone che durante il proprio percorso scolastico percepiscono un’identità diversa da quella rilevata dal sesso biologico, e non solo, hanno tutto il diritto di poter vivere un cammino di studi roseo. È, quindi, fondamentale, non solo che le Carriere Alias vengano attivate (come è stato fatto, da qualche tempo,  presso l’Università degli Studi “Guglielmo Marconi”), ma che anche il personale docente ed educatore si formi, attraverso percorsi d’inclusione e di consapevolezza, per riuscire a vivere al meglio le specifiche situazioni, per rispettarsi reciprocamente e per migliorare la qualità dell’istruzione e dell’apprendimento, affinché non si verifichino episodi come l’utilizzo di termini impropri, nonché l’uso del vecchio nome (deadname), che potrebbero portare a fenomeni di stress, di ansia e ad un senso di non appartenenza. Tutto questo s’inserisce, quindi, in un clima di tutela e di riconoscimento, che permette, a chiunque, di poter fiorire, nell’ambito di studi, indipendentemente da quella che è l’identità di genere.

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