Elogio alla lentezza

Elogio alla lentezza

In questi anni frenetici in cui tutto appare come una corsa, la vera sfida è fermarsi a riflettere su quanto sia bella ed energizzante la lentezza. Un paradosso? Forse no.

Le nostre giornate iniziano già palpitanti e intrepide, si vive a respiri corti e il telefono “suona” la stessa sveglia ogni giorno, ricordandoci che però ogni giorno, purtroppo, “risuona” sempre la stessa musica.

E allora che si fa? Si corre. Il caffè preso di fretta, una doccia veloce, due chiacchiere sbrigative in famiglia e poi dritti a lavoro, magari innervositi da quel traffico in cui ci ingorghiamo tutti di prima mattina, intrappolati come topi in gabbia. Sarebbe davvero glorioso ed eclatante, immersi in questa bolgia, avere come sottofondo la Primavera di Vivaldi, ma la verità è che risuonano solo i clacson degli altri automobilisti che di musica – diciamoci la verità – non se ne intendono, ma di frenesia e imprecazioni indubbiamente.

Allora qual è il trucco per godersi al meglio e in maniera più rilassata la giornata? Iniziarla collegando gli occhi al cuore, osservando tutta la bellezza del mondo che ci circonda.

La primissima cosa da fare dovrebbe essere alzarsi dal letto – non troppo tardi –, sciacquarsi velocemente il viso e aprire una delle nostre finestre, uscire fuori dal balcone di casa o semplicemente sporgere la testa, godendosi il panorama di una bellissima alba colorata e respirandone anche i suoi colori. E se nella peggiore delle ipotesi dovesse piovere, c’è sempre quel meraviglioso odore di pioggia sulla terra asciutta, il cosiddetto petricore, a risanare i nostri polmoni affamati di vita. È un qualcosa che crea dipendenza, consigliabile a tutti nelle giornate più dure e uggiose. Lo stesso espediente funziona benissimo nelle giornate nebbiose, in cui se solo si ritornasse improvvisamente bambini si riscoprirebbe la gioia di muoversi e correre nel bel mezzo di una nuvola.

A riconferma di questo pensiero e della nostra auspicabile coesione con la natura, è curioso citare il discorso di qualcuno che di lentezza e natura se ne doveva davvero intendere: il cantautore Franco Battiato. Proprio il cantautore siciliano, in una famosa intervista, disse:

«Ogni mattina nel luogo in cui vivo, quindi casa mia e giardino, mi alzo molto presto e devo dire che appena apro la finestra, la porta, il profumo già delle rose, dei gelsomini, per me sono il linguaggio dell’esistenza. Ringrazio ogni giorno questo tipo d’esperienza perché effettivamente la natura ancora oggi con tutte le schifezze che ci stanno annullando, è rimasta intatta nella sacralità, cioè è l’unica realtà che oggi ti fa risentire, come fossimo nel primordiale, la bellezza dell’esistenza».

Dunque, solo riassaporando la bellezza dei nostri cinque sensi e legandoli al vissuto, si riscopre o forse si impara per la prima volta a godere dell’umana esistenza.

L’esser lenti, a dire il vero, non nuoce alla salute, l’esser lenti non vuol dire perdersi per forza di cose qualcosa, ma guadagnarle. Il guadagno più grande è quello interiore, intimo e psicologico, quel guadagno che ti rende una persona migliore perché camminando a passo lento, si osservano meglio eventi e persone e si discerne meglio la propria vita e quella di chi ci circonda. In altre parole, si diventa capaci di guardare meglio il mondo nei suoi stessi limiti e nelle sue infinite potenzialità.

L’esser veloci e sempre di corsa, invece, nuoce terribilmente alla salute. Diversi studi dimostrano che lo stress cronico causato da questo moderno modo di vivere ci rende persone ingiuste, in preda ad ansie e costanti titubanze. Persone cieche davanti alla bellezza, ignoranti (poiché “all’oscuro di tutto”) e indifferenti ai fabbisogni altrui perché troppo focalizzate al riempimento delle proprie vuote e vacue tasche esteriori. Tutto ciò, tuttavia, ci è fisicamente e psicologicamente controproducente.

Ma, parlandoci chiaramente, c’è davvero bisogno di tutto ciò?

L’evoluzione ci ha condotto fino a qui, in un’idea di mondo che non è onestamente accettabile fino in fondo. Se da un lato, nel nome della costante spinta alla “velocità”, ne è nato un progresso tecnologico di tutto rispetto, dall’altro sembra evidente che guadagnando velocità, abbiamo perso proprio l’innata capacità di vivere ed osservare con lentezza la quotidianità.

Tuttavia, a dire il vero, in poche e brutali parole, ci stiamo letteralmente “autodistruggendo”. Eppure, nel 2023, anche l’informazione scorre veloce sotto i nostri occhi attraverso i social e i mezzi di comunicazione, ma come sempre non cogliamo o fingiamo di cogliere (per poi mettere da parte) i segnali di un mondo soffocato dal nostro stile di vita, dalla nostra incoscienza, dalle nostre sciocche comodità.

Voci come “pandemia”, “sovrapproduzione”, “inquinamento”, “cambiamento climatico” e “catastrofi climatiche” ormai non ci comunicano quasi più nulla, anzi non ne vogliamo sentir proprio più parlare. Eppure, farsi una passeggiata in spiaggia è diventato desolante anche per i cuori meno empatici, spiagge con sabbie un tempo abbellite da meravigliose conchiglie colorate, ora sono invase da plastiche e rifiuti di ogni genere, anche piuttosto rétro.

Io che da piccola scavando nella sabbia non ci trovavo nulla, se non gioia per la creazione dei miei castelli di sabbia, riscavandoci ora troverei rifiuti di ogni genere, così da costruirmi un bel castello sicuramente resistente al tempo e agli anni, ma fatto di polietilene.

Dal momento che, date queste obiettive constatazioni, pare tassativo un cosciente cambio di rotta meno ritmato da parte di tutti, è indispensabile una maggiore flessibilità verso le novità del momento, che seppur tocchino i nostri stili di vita moderni ma talvolta anche più tradizionali (si pensi anche solo all’aspetto culinario e all’ingiustificata furia verso le diete senza carne), ci permettono d’altronde di riconsiderare, rivedere e ricostruire un mondo migliore, per lo meno al fine, se non di curare, di riparare i danni che da soli ci siamo autoinflitti.

Mai come ora abbiamo tutti il dovere di riappropriarci del tempo lento con noi stessi e col mondo che ci circonda.

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