Johnny Cash angeli e demoni – Hurt

Johnny Cash angeli e demoni – Hurt

Ci sono momenti in cui dentro di me lottano due personalità, Johnny è quella buona, Cash quella che combina guai.

Un continuo rumore di treno, che dal Tennessee corre verso la prigione di San Quintino nella contea di Marin, in California, lo stesso rumore che esce dalle corde di Johnny quando parte con la sua Folsom Prison Blues; le prigioni J.R. le conosce, magari non benissimo, ma sa come funzionano, dopo l’ennesimo arresto per detenzione di anfetamine, ancora un ritorno nella sua oscurità, ma anche nel buio più profondo esce fuori la luce delle sue canzoni, un angelo che combatte l’eterna lotta contro i demoni per restare in possesso delle sue ali.

È un percorso obbligato il suo, una strada che divide il bene dal male, una fune da funambolo sulla quale J C non cammina, ma corre, come un forsennato, per capire, conoscere il suo limite prima di cadere nel vuoto dell’oscurità.

Il Man In Black, che ha poco a che fare con gli alieni del cinema, è ad un passo dal baratro quando nel 1993 riceve la chiamata da Rick Rubin (produttore molto noto nel mondo del rap e del metal, di sicuro non vicino al country) che gli dà carta bianca: l’artista, armato della sua sola chitarra, nel giro di pochi mesi registra un numero ragguardevole di canzoni: per lo più interpreta vecchi brani di altri artisti, non disdice la rilettura di proprie canzoni, ma alla fine incide anche numerosi inediti.

È la consacrazione, Cash che stava affondando nell’oscurità e nel dimenticatoio, riemerge a testa alta fino alla cima dell’olimpo sedendosi così al posto d’onore tra gli dèi della musica. I sei album sono pieni dell’alternarsi dei suoi angeli e dei suoi demoni, fino a toccare il punto più cupo, il lato oscuro dell’animo umano, le tenebre che lo perseguitano da tutta una vita, Hurt, celebre canzone dei Nine Inch Nails, è straziante, e J.R. ormai settantunenne in precarie condizioni di salute, girò per quella canzone un video che racconta la tristezza della vita che finisce tra i ricordi e un amore che non tornerà mai più.

Indosso questa corona di spine/seduto sul mio trono di bugiardo/colmo di pensieri rotti/che non posso aggiustare

Mentre canta questa strofa che ha il sapore della sconfitta, Cash è davvero seduto all’interno della sua casa natale a Nashville, trasformata a un certo punto in museo e poi lasciata in completo stato di abbandono.

“Era chiusa da molto tempo” ricorda il regista. “Il luogo era in uno stato fatiscente. In quel momento ho avuto l’idea che forse potevamo essere sinceri sulle condizioni di salute di Johnny – sinceri come lo è sempre stato Johnny nelle sue canzoni”.

E così “Hurt” è diventato una testimonianza della fine della sua carriera: nelle immagini scorre spesso il viso di June Carter, l’amatissima moglie, ma anche i dischi che hanno costellato la sua lunghissima e pregiatissima carriera, l’aragosta che nessun commensale sta mangiando.

Per l’Independent, il momento nel quale è impossibile non mettersi a piangere è quando il cantautore si versa del vino con mani tremanti.

La moglie June morì tre mesi dopo quel video, Johnny dopo sette.

Nel 2007 la casa che doveva ricordare l’immensa opera di Cash è crollata.

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