Le donne che salvano sé stesse e gli altri

Le donne che salvano sé stesse e gli altri

I tavoli dei ristoranti addobbati con i rametti di mimosa sistemati al centro. Le tovaglie bianchissime. I menù stampati per l’occasione, consultati con orgoglio da vecchie signore in tiro, giovani donne sorridenti e ragazzine agghindate per il giorno di festa. È da quando sono bambino che provo tristezza per tutto questo.

E la tristezza è sempre derivata dal vedere tante di quelle donne, il giorno dopo, spogliate da tutti quei bei vestiti e da quei sorrisi. Magari piegate volontariamente ai capricci di un fidanzato troppo geloso, di un marito troppo all’antica, di genitori troppo poco educatori. Insomma: ho visto donne dimenticare di essere donne già a fine serata.

È così, le mimose distribuite a iosa in questi giorni, finiscono per diventare la punta di un iceberg che trattiene sotto il pelo dell’acqua uno stipendio più basso, un “posso parlare con suo marito?”, la minigonna che da sola basta a giustificare una violenza, le quote rosa delle liste elettorali.

Oggi alla guida del paese c’è una donna. Il principale partito di opposizione ha affidato ad una donna il timone, per tracciare una nuova rotta. È tanto, ma è ovvio che non può e non deve bastare. Senza una consapevolezza generale e diffusa potrebbero restare solo bellissimi esempi utili per farcire i libri di storia.

Quello di cui abbiamo bisogno è una consapevolezza che parta dal “basso.”

Le donne che non mi fanno tristezza, rispetto a quanto si accennava prima, sono quelle che a cena ci andranno anche domani. E anche un mercoledì di metà novembre quando fuori piove. O in un lunedì di luglio, ordinando birra alla spina con i ventagli in borsa.

Quelle che rivendicano la propria forza nei giorni qualsiasi. Quelle che l’8 marzo lo lasciano alla storia. E alle confezioni di cioccolatini delle multinazionali. Quelle che salvano sé stesse e anche gli altri.

A me è successo, una volta una donna mi ha salvato. È accaduto quasi due anni fa.

“Signore!”

Tiro dritto e mi proteggo dal vento.

“Signore!”

Di nuovo quella vocina insistente. Faccio ancora qualche passo e controllo l’ora sul cellulare.

“Signore!”

Decido di voltarmi, ma con indifferenza. Una bambina bionda con due lunghe trecce pedala spedita sulla sua bicicletta con le rotelle. Mi fermo e lascio che mi raggiunga. Una donna con i capelli corti e bianchi la segue a fatica. Deve essere la nonna.

La bambina scende dalla bici e mi fissa.

“I poliziotti stanno facendo la multa alla tua macchina”, dice tutto d’un fiato.

Io le sorrido e guardo nella direzione della mia macchina, parcheggiata senza disco orario. Un vigile è in piedi davanti al cofano di un’auto rossa che precede la mia.

Corro verso il parcheggio e prima che il vigile abbia il tempo di multarmi salgo in macchina e accendo il motore. Lui mi guarda un po’ infastidito ma passa oltre. Mi sposto di qualche metro e segno bene l’orario di arrivo sul disco quindi scendo dalla macchina e cerco la bambina.

“Fa sempre così” annuncia la nonna appena mi vede. “Ha la passione di salvare gli altri.”

È di spalle, le treccine si agitano nel vento.

“Grazie” le dico sorridendo.

Lei sale sulla bici e si allontana, senza neanche voltarsi.

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